Tra i farmaci veterinari, gli antiparassitari esterni (spot-on, spray ed in misura minore i collari) rappresentano una delle più comuni cause di intossicazione. Secondo i dati pubblicati da un gruppo di ricercatori italiani, il principale motivo di chiamate ricevute da un ente di assistenza tossicologica riguarda l’uso involontario di farmaci veterinari e umani (23% dei gatti), di questi il 79% è rappresentato da farmaci antiparassitari. Le principali cause di avvelenamento erano dovute ad un utilizzo improprio di queste sostanze da parte del proprietario o ingestione/contatto accidentale.

Le piretrine sono tossiche
Nei gatti, la causa più comune di avvelenamento da farmaci antiparassitari è legata agli effetti tossici delle piretrine e/o dei loro derivati sintetici chiamati piretroidi (tra cui è presente la permetrina). Si tratta di molecole insetticide, contenute nei più comuni antiparassitari usati nei cani per la gestione di pulci e zecche (definiti ectoparassiti, cioè parassiti esterni), in alcuni shampoo, ma anche in molte tipologie di spray insetticidi domestici.
L’avvelenamento da permetrina è generalmente conseguente ad un sovradosaggio da parte del proprietario oppure è legato ad un inappropriato trattamento dei gatti con formulazioni create per il cane, oppure ancora è riportato a seguito dell’esposizione dei gatti ai cani conviventi trattati di recente con tali sostanze. I gatti potrebbero infatti leccare la cute del cane dove è stato applicato l’antiparassitario (che ci mette anche 24 ore per asciugarsi) oppure venire a contatto con la sostanza anche banalmente condividendo la stessa cuccia.
Nella maggior parte delle specie animali e nell’uomo queste molecole risultano essere sicure e per questo motivo vengono ampiamente utilizzate come insetticidi. Il metabolismo (cioè la trasformazione e la degradazione di una determinata sostanza nell’organismo) dei piretroidi avviene nel fegato. Il fegato del gatto invece non è in grado di metabolizzare efficacemente queste molecole, il che ne provoca l’accumulo, la tossicità e quindi l’insorgenza dei sintomi clinici. I sintomi di solito compaiono entro poche ore o fino a tre giorni dopo l’esposizione. I sintomi più comuni includono abbondante salivazione (scialorrea), tremori muscolari generalizzati, spasmi e convulsioni, ipereccitabilità, febbre, vomito e/o diarrea, battito cardiaco accelerato e pupille dilatate e, nelle intossicazioni più gravi e non trattate tempestivamente, possono portare a morte. Tra quelli sopra citati, i sintomi di natura neurologica sono quelli più preoccupanti e che possono mettere a rischio la vita del gatto.
Come comportarsi in caso di sospetto contatto
Se si pensa che il proprio gatto possa essere venuto a contatto con prodotti contenenti piretroidi è molto importante rivolgersi immediatamente al medico veterinario e fornirgli, se possibile, i dati presenti sull’imballaggio o etichetta del prodotto stesso. Sulla base del prodotto utilizzato, del tempo intercorso dall’esposizione e dei sintomi (questi dati infatti risultano essere molto preziosi per decidere il tipo di trattamento), il veterinario valuterà l’iter terapeutico da intraprendere. Purtroppo, non esistono antidoti per trattare l’intossicazione da piretroidi; il trattamento medico consiste nella decontaminazione cutanea con sapone o detersivo liquido e sgrassante per piatti (in caso di esposizione per via cutanea) e nelle terapie di supporto per il trattamento dei sintomi neurologici soprariportati.
In genere, la diagnosi e il trattamento precoci sono fondamentali per una completa guarigione del gatto, senza particolari ripercussioni future sulla sua salute. Se invece non si intervenisse tempestivamente, la grave sintomatologia neurologica potrebbe essere fatale entro poche ore.
Altre molecole tossiche
Alcune molecole appartenenti ai macrolidi (ad esempio ivermectina, moxidectina, milbemicina o selamectina) sono i principi attivi principali di numerosissimi antiparassitari utilizzati in varie specie di animali domestici (tra cui anche bovini, ovini ed equini). La diffusione di questi farmaci ed in particolare dell’ivermectina, spesso utilizzata per il trattamento della filariosi cardio-polmonare nel cane e più raramente nel gatto, è legata al loro ampio margine di sicurezza. Tuttavia, l’utilizzo improprio di questi antiparassitari e il conseguente sovradosaggio possono dare tossicità. La somministrazione di antiparassitari destinati ad esempio a cavalli o bovini, o anche l’ingestione accidentale degli stessi (ad esempio una siringa con il vermifugo lasciata aperta e incustodita potrebbe rappresentare una interessante sostanza da assaggiare per il felino più curioso) sono le principali cause di intossicazione da questi farmaci. La comparsa dei segni clinici dipende dall’età del gatto (i gattini e i gatti anziani, infatti, sono più sensibili) e dalla dose del farmaco assunta; i primi sintomi possono comparire entro le prime dieci ore dall’ingestione, ma anche dopo due o tre giorni. I segni clinici sono di tipo neurologico, quali ad esempio incoordinazione, abbattimento, tremori, cecità e ipersalivazione, fino al coma e che purtroppo nei casi più gravi possono condurre alla morte.
Anche in questi casi la comunicazione esatta della sostanza ingerita e l’intervento tempestivo del medico veterinario sono fondamentali per il successo terapeutico. Non sono presenti degli antidoti per queste molecole e le terapie sono volte alla cosiddetta decontaminazione (eventuale induzione di vomito, lavanda gastrica etc.) e controllo dei sintomi clinici.
Come posso proteggere il mio gatto?
Per evitare una grave emergenza con il proprio gatto la prevenzione risulta essere fondamentale!
Basta seguire poche semplici regole:
- non applicare mai un prodotto contro pulci e zecche del cane su un gatto; i gatti non sono cani di piccola taglia!
- utilizzare i farmaci antiparassitari soltanto per la specie di destinazione indicata;
- affidarsi esclusivamente al consiglio ed alla prescrizione del medico veterinario per la prevenzione di pulci, zecche o vermi (c.d. endoparassiti o parassiti interni) da utilizzare sul proprio gatto;
- se un gatto e un cane convivono in famiglia, chiedere al proprio veterinario un medicinale per pulci e zecche del cane che non contenga permetrina e che sia sicuro per il gatto;
- seguire sempre le indicazioni del medico veterinario e riportate sul foglietto illustrativo in merito a dosaggio, metodo e frequenza di applicazione e specie di destinazione;
- se un cane convivente è stato trattato con un prodotto a base di permetrina, separare il proprio gatto per almeno 24 ore;
- tenere tutti i farmaci per pulci e zecche o vermifughi in un luogo sicuro lontano dagli animali;
- fare attenzione agli antiparassitari che si utilizzano in casa e in caso di dubbio fare riferimento al proprio medico veterinario di fiducia.
La prevenzione delle infestazioni parassitarie è molto importante per la salute dei nostri amici a quattro zampe e spesso protegge anche noi. L’importante è farlo correttamente e seguendo le poche semplici indicazioni che il vostro veterinario di fiducia vi saprà fornire.
A cura di
Dott.ssa Kateryna Vasylyeva DVM, PhD student
Ospedale Veterinario Universitario
Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie
Alma Mater Studiorum - Università di Bologna