Tutti i proprietari di cani e gatti lo sanno perfettamente: pur non esprimendosi a parole sanno farsi capire benissimo. Spesso vorremmo comunque condividere lo stesso linguaggio, per riuscire a comprendere a fondo i loro pensieri e raggiungere una profondità di rapporto ancora maggiore. Con la tanto chiacchierata Intelligenza Artificiale sembra proprio che un giorno sarà possibile.

Il potenziale della bioacustica digitale
È oggetto di ampio dibattito in questo periodo: l’IA sta arrivando a un grado così avanzato di sviluppo da essere capace addirittura di sostituire (con buona pace per l’empatia) copywriter di buon livello. Al punto da allarmare i professionisti della parola. Secondo alcuni scienziati, proprio grazie all’IA un giorno riusciremo a comunicare con gli animali.
Ne ha parlato Karen Bakker, professoressa presso l’University of British Columbia e membro dell’Harvard Radcliffe Institute for Advanced Study, nel suo libro “The Sounds of Life”. Al suo interno, la dottoressa spiega il potenziale della bioacustica digitale, basata sull’impiego di microfoni in miniatura, portatili e leggeri, che possono essere installati ovunque: sul dorso di tartarughe e balene, nelle profondità degli oceani, sulle cime delle montagne, sulle ali degli uccelli. Sono in grado di registrare continuamente, generando un flusso e una quantità enorme di dati che l’IA può memorizzare. Combinati con immagini e video, grazie all’interpretazione delle differenti situazioni sociali, possono consentire la comprensione del linguaggio animale.
La dott.ssa Bakker ha in particolare riportato un chiaro esempio su uno studio condotto sui pipistrelli della frutta egiziani. Dopo averne monitorate circa due dozzine per due mesi e mezzo, registrandone le vocalizzazioni, il team di studiosi ha rielaborato i dati con un algoritmo in grado di unire suoni e immagini, riuscendo in tal modo a classificarne la maggior parte. Si è così scoperto che questi animali hanno un linguaggio molto più complesso di quanto precedentemente ipotizzato: le madri abbassano il tono quando comunicano con i piccoli, si impegnano nell’apprendimento vocale, litigano per il cibo… Si tratta di un ottimo esempio per dimostrare quanto l’IA possa condurre l’uomo a superare i propri limiti: i pipistrelli emettono ultrasuoni e parlano molto velocemente, perciò per poterli sentire dovremmo abbassare la frequenza e rallentare l’ascolto.
Di grande interesse anche la ricerca condotta sulle api da Tim Landgraf, professore presso la Freie Universitat di Berlino. Combinando la visione artificiale con l’elaborazione del linguaggio naturale, Landgraf è riuscito a decodificarne le modalità di comunicazione fino a costruire una vera e propria ape robot, capace di entrare nell’alveare ed emettere comandi a cui gli altri soggetti obbediscono. Un risultato davvero sorprendente (anche se al momento non si è ancora replicato l’esperimento) che potrebbe portare un giorno a istruire le api su dove si trovano le fonti di nettare più sicure e prive di pesticidi.
Scenari futuri
Per migliorare e implementare questa tecnologia ci vorrà sicuramente molto tempo, la stessa dott.ssa Bakker ipotizza occorrano almeno 20 anni prima di raggiungere risultati quanto meno accettabili. Tuttavia, pensiamo anche solo a Google Translate: mentre ai primi utilizzi, pur rilevandone l’utilità, finiva per essere addirittura oggetto di ilarità per i risultati imprecisi e incompleti, oggi è diventato quasi indispensabile. Non solo è capace di traslare un testo da una lingua a un’altra, ma può persino “fare da interprete” in una conversazione grazie alla funzione vocale. Qualcosa del genere potrebbe verificarsi anche in riferimento alla comunicazione con gli animali. Utilizzando dispositivi wearable, come lo smartwatch, potremmo persino parlare con i nostri amici a quattro zampe. Scenari futuribili e certo lontani, ora però abbiamo le basi e gli elementi grezzi per arrivarci.